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La
visita a luoghi di memoria è certamente un momento
imprescindibile di crescita personale e culturale per quanti
abbiano intenzione di approfondire lo studio della deportazione.
Il progetto Diamo
un futuro alla memoria
vi ha, perciò, attribuito particolare importanza partecipando,
con una propria delegazione, dal 1997 al 2001 alla visita al
campo di concentramento nazista di Mauthausen in concomitanza
con l'incontro internazionale degli ex
deportati che ogni anno si tiene al campo stesso.
Quest’anno l’attenzione è stata rivolta al contesto
nazionale.
Il viaggio, della durata di cinque giorni, completamente
organizzato dall’Associazione, è stato riservato a 17 unità
tra insegnanti e studenti accompagnati da operatori del progetto.
L’itinerario prescelto ha avuto come mete luoghi di memoria
italiani particolarmente significativi quali il Museo al
Deportato ed il Campo di Fossoli, il Museo Cervi, la Risiera di
San Sabba, il Museo di Montefiorino e Villa Emma.
In ognuna delle sedi è stata prevista una visita guidata dando
così modo ai partecipanti di avere una conoscenza adeguata del
sito e degli avvenimenti correlati attraverso il confronto con
esperti o, come nel caso del Museo Cervi, con testimoni.
L’esperienza compiuta ha confermato, sia sul piano logistico
che didattico, la validità dell’itinerario come proposta alternativa
alle consuete gite d’istruzione organizzate dalle Scuole. |
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"Un itinerario della memoria, un itinerario che nutre il cuore.
Venendo io da un viaggio di piacere per luoghi d’arte e d’affetti da reincontrare, sbarco col mio bagaglio in una
nuova dimensione di luoghi e affetti per ricordare e ben
pensare. |
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Il Museo al
Deportato, a Carpi, dove la memoria e la verità e
crudeltà del passato ti balzano alla vista e vengono letti dai tuoi
occhi prima di volerlo con la testa, con i graffiti di dolore di
autori famosi (Guttuso, Picasso…) che occupano pareti
intere e le parole scolpite a mano nella calce fresca, stralci di
lettere di condannati a morte, di tutta Europa, dai nazisti.
Parole
di sofferenza, di dolore ma anche di amore per chi resta,
per chi soffrirà per la propria morte, per chi rimarrà
solo, per chi non capirà il perché di tale morte.
Brecht ci ammonisce da una delle frasi scolpite che sempre
potrebbe tornare il mostro che libero ha camminato e si è
propagato in Europa con Hitler, mai abbassare la guardia degli
ideali e dell’amore, anche unilaterale, verso tutti i propri
simili. |
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I nomi nell’ultima stanza del museo sono la fine e un inizio
per chi non vuole credere possibile che tutto ciò sia stato vero
e che il nome di chiunque potrebbe essere forse, un giorno, in
altro posto, per altro motivo scolpito come quello di quelle
vittime.
Dalle
parole della sofferenza, alla terra della sofferenza, i
sentieri percorsi da piedi più tristi e meno liberi dei
nostri, l’aria, il paesaggio visto da occhi meno liberi di
spaziare con la fantasia dei nostri, perché la realtà
della loro vita di deportati, in guerra,, non permetteva
fantasia. |
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Terra di Fossoli, campo di concentramento, di transito per
deportati politici e razziali, da qui transitava la sofferenza che
poi andava ad acuirsi fino a diventare morte, altrove; ma ogni
storia ha i suoi martiri, quelli di Fossoli sono 67
deportati politici uccisi tutti insieme. |
Terra di fatica, di sudore, di cibo e di crescita, di sofferenza
in cui sopra però il sole ritorna sempre a sorgere, nonostante
tutto.
Terra di una famiglia numerosa con numerose idee, chiamate
libertà, giustizia, antifascismo, internazionalismo, vita,
uguaglianza, civiltà…terra dei sette fratelli Cervi falciati
insieme da un’idea unica di sottomissione
e di morte, terra di un padre senza più figli ma con sette
nuore (figlie) e più nipoti da far crescere anche per la memoria,
oltre che per la verità. |
Maria
Cervi, figlia di Antenore, accompagna i partecipanti
al viaggio in visita al Museo |
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Terra
della prima repubblica Partigiana, della prima idea di "un
nuovo governo è possibile", nuovo ordinamento libero, a
Montefiorino, per chi veniva come tutti da un ventennio di governo
unico e fascista. Di chi con l’aiuto di tutta la popolazione ha
riconquistato una terra, un ideale e ha cercato di metterlo in
pratica in un’isola felice circondata da ancora tanti nemici;
perché non bisogna mai solo aspettare il dopo, i tempi migliori,
quando arriveranno, ma bisogno sempre rimboccarsi le maniche anche
se dura solo 44 giorni.
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E allora nuovi documenti, creazione di strutture, per quanto labili
e sommarie, che diano un’idea di normalità e che la tranquillità e
la libertà sono ancora possibili: scuole, documenti, ordinamenti
comunitari, situazione anche di svago, balli… mentre ancora si
continua e c’è da combattere. Tutto questo è mostrato e dimostrato
nel Museo del partigiano. |
Terra
che ha accolto stranieri come fossero suoi figli e gli ha salvato
la vita. Terra di Modena, di Nonantola che ha accolto ragazzi
ebrei orfani di vari paesi d’Europa e ha fatto conoscere alla
popolazione del posto la normalità dell’essere ebreo, essere
umano uguale agli altri. Terra di Villa Emma, casa dal nome antico
di donna quasi a simboleggiare una madre per questi ragazzi e
bambini che non l’avevano più. La madre in una casa, il padre in un prete, e un medico
che riuscirono a salvarli tutti,
insieme ai loro accompagnatori, dopo
l’otto settembre, facendoli sparire e nascondendoli nei
dintorni, nel paese, in 24 ore. |
Terra di lieto fine per una
storia, in una Storia più grande di persecuzioni, deportazioni,
sopraffazioni che non ne offrono molti di Happy End."
Elisabetta
Citro
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al
Comune di Nonantola, Ombretta Piccinini racconta la storia
di Villa Emma |
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