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Lunedì
28 aprile 2003 il Consiglio Regionale della Toscana ha conferito alla
memoria di Giorgio Nissim
il Gonfalone d'argento |
La
vita di Giorgio Nissim s’intreccia strettamente con la storia della
DELASEM[1].
Nato
a Pisa nel 1908, Giorgio Nissim partecipò sin dalla sua costituzione
all’attività solidaristica della DELASEM.
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foto
archivio famiglia Nissim |
In
qualità di delegato della rappresentanza di Pisa fino al 1943 egli coordinò
il lavoro di reperimento dei fondi per le diverse iniziative[2],
si occupò di seguire le vicissitudini degli ebrei stranieri arrestati a
Pisa e successivamente internati[3],
fu autorizzato, insieme alle sorelle Millul, a visitare gli ebrei stranieri
inviati in internamento libero in località comprese nella circoscrizione
territoriale della Comunità Ebraica di Pisa ed inoltre fu il promotore di
un’iniziativa specificamente indirizzata a proteggere l’infanzia. |
Avvertendo
l’esigenza di tutelare la parte più debole, quella che maggiormente
risentiva della precarietà delle condizioni di vita dovute alla condizione
di esuli internati Giorgio Nissim ideò ed organizzò, dopo l’assenso
della sede centrale, l’“Azione speciale bambini” che con linguaggio
attuale potremmo definire un’iniziativa di adozione a distanza. Presso
l’ufficio Delasem, sistemato in casa Nissim, a Pisa, fu costituito un
archivio con i dati dei bambini (fino a 18 anni) e delle bambine (fino a 21
anni). I piccoli internati suddivisi in gruppi di circa dieci erano affidati
ai Comitati femminili della Delasem delle varie città italiane al fine di
trovare per ciascuno un “patrono o una patronessa” che s’impegnavano
ad aiutarli materialmente ed anche moralmente attraverso scambi epistolari.
In quest’attività Giorgio Nissim fu coadiuvato anche dalla giovane moglie
la dottoressa Myriam Plotkin, ebrea lituana,studentessa dell’ateneo
pisano, che aveva sposato nel maggio del 1942.
Nell’autunno
del ’43 Giorgio Nissim fu coinvolto dal nucleo fiorentino della Delasem
coordinato da Cantoni, dal giovane rabbino Nathan Cassuto e da Matilde
Cassin nell’attività di protezione degli ebrei italiani e stranieri.
L’attività prevedeva frequenti viaggi in Liguria, a Genova, per procurare
fondi e carte d’identità false e ricognizioni in varie località toscane
per individuare collaboratori (in genere sacerdoti o religiosi e religiose
conventuali) e rifugi sicuri. Dopo l’arresto del gruppo dirigente
fiorentino, Giorgio Nissim, messa a riparo la famiglia, pur essendo rimasto
in pratica senza guida, continuò da solo l’attività. Sotto falso nome
cercò nuovi punti di appoggio in provincia di Lucca: presso l’abbazia di
Farneta e con i sacerdoti oblati di Lucca: don Arturo Paoli (con cui ebbe i
contatti più stretti), don Guido Staderini, don Sirio Niccolai (entrato nel
gruppo nel novembre 43) e don Renzo Tambellini (l’ultimo a far parte del
gruppo), ai quali il Vescovo aveva affidato incarico di svolgere, tra le
altre attività assistenziali, anche quella in favore degli ebrei
perseguitati. Lo schema di azione era analogo a quello precedente: Giorgio
Nissim faceva convergere in Lucca gli ebrei italiani e stranieri, spesso
andando a raccoglierli lui stesso in località dell’Italia
centro-settentrionale. Il primo soccorso ai perseguitati era offerto in città:
attraverso la mediazione degli Oblati essi venivano ricoverati nei conventi
cittadini e, nei momenti di maggiore affluenza, anche presso famiglie che si
erano rese disponibili; coloro che avevano bisogno di cure erano indirizzate
alle suore Barbantini.Nel giro di poco tempo (per non mettere a repentaglio
la vita dei rifugiati e quella dei soccorritori) gli Oblati cercavano,
tramite le loro conoscenze tra i parroci della Lucchesia e della Garfagnana
(a quel tempo diocesi di Massa) una sistemazione più sicura. Giorgio Nissim
si preoccupava anche di fornire loro una nuova identità. I documenti falsi:
carte annonarie e di identità, realizzati nel suo ufficio clandestino a
Lucca, furono utili poi per altri italiani, non ebrei, ricercati perché
partigiani o collaboratori della Resistenza.Va segnalato che la
falsificazione dei documenti implicava anch’essa un buon numero di
collaboratori e che quanti e quante a Lucca si prestarono a fornire aiuto
(realizzazione di foto, dei timbri, stampa delle carte, ecc.) lo fecero del
tutto gratuitamente. Una attività solidaristica di questa ampiezza
comportava spese consistenti poiché i clandestini non potevano naturalmente
esercitare alcuna attività lavorativa e quindi molto spesso non avevano
modo di provvedere alle loro necessità; Giorgio Nissim, correndo enormi
rischi, riuscì ad assicurare una continuità di risorse. Egli si procurava
i fondi recandosi a Genova da don Repetto, divenuto cassiere e responsabile
Delasem. Queste attività, che potremmo definire di resistenza civile,
furono condotte fino alla liberazione di Lucca. Per l’aiuto fornito agli
ebrei don Arturo Paoli è stato incluso nei “Giusti tra le Nazioni”.
Ricostruire
il flusso degli ebrei accolti in provincia di Lucca grazie alla rete creata
da Giorgio Nissim e dai sacerdoti Oblati risulta, al momento, difficile in
quanto, per comprensibili motivi di sicurezza, veniva evitato accuratamente
sia di lasciare tracce scritte dell’attività sia di fornire nei vari
passaggi informazioni ritenute superflue o potenzialmente pericolose (la
vera identità degli assistiti era tra queste) in caso di arresto. In
pratica ciascuno doveva conoscere il minimo indispensabile non solo di
quanto facevano gli altri ma anche di quanto era richiesto di compiere a lui
stesso.
Alcuni
dati possono essere estratti dall’articolo-testimonianza pubblicato nel
1945 in ECCLESIA (vedi fotocopie) soprattutto laddove si specifica il luogo
dove furono ricoverati. Occorre inoltre tener conto che non tutti coloro che
approdarono a Lucca si fermarono, si ha notizia infatti che alcune persone
furono aiutate a proseguire verso il Nord per tentare di raggiungere la
Svizzera. Da quanto è emerso fino ad oggi, si può supporre che il numero
degli assistiti sia stato considerevole (non è possibile però avallare,
per ora, la cifra complessiva contenuta nell’articolo citato).
La
stesura di un elenco più completo dei parroci che furono coinvolti potrebbe
servire a recuperare elementi utili a meglio definire il numero degli ebrei,
ma anche questa si presenta come operazione complessa in quanto, ad esempio,
molti sacerdoti non stesero nel dopoguerra le relazioni richieste dai
vescovi.
Come
già detto non siamo in grado di ricostruire l’identità degli soccorsi
anche se qualche nome italiano o straniero emerge dalle testimonianze e
dalle memorie:
la
famiglia di Mario Cabib di origine livornese composta da cinque persone ed
il fratello Renzo, i quali furono ricoverati in Garfagnana (parte in una
frazione del comune di Castiglione Garfagnana e parte in una frazione del
comune di Pievefosciana);
l’ebreo
tedesco Ludwig Greve giunto dalla Francia insieme alla madre ferita.
Queste
due vicende esemplificano efficacemente le modalità di azione della rete di
assistenza in città e nelle località della provincia.
Ciò
che i materiali fino ad oggi raccolti lasciano con nitidezza intravedere è
l’efficacia dell’organizzazione creata da Nissim e dai sacerdoti Oblati,
in una provincia come quella di Lucca nella quale pure colpisce con durezza
la persecuzione nazifascista. |
L’organizzazione
assistenziale Delegazione Assistenza Ebrei Migranti fu costituita dall’UCII
(Unione comunità israelitiche Italiane) alla fine del 1939 con lo scopo di
gestire più efficacemente le iniziative in favore dei profughi ebrei.
L’ente, a struttura centralizzata, ebbe sede a Genova, altri importanti
uffici si trovavano a Roma , a Milano e a Trieste. La presidenza fu affidata
all’avvocato Lelio Valobra, vicepresidente dell’UCII delegato per
l’assistenza agli emigranti, segretario fu nominato Enrico Luzzatto Pardo.
In pratica presso ogni città, sede di Comunità Ebraica (all’epoca israelitica),
sorse una rappresentanza Delasem. Nella seconda metà del 1940, con
l’istituzione dei campi di internamento vennero nominati dei
corrispondenti Delasem nelle sedi di internamento
Ad esempio è documentata la raccolta di fondi in favore degli ebrei
profughi da Spalato
Si trattava essenzialmente di studenti universitari, molti dei quali
partecipavano attivamente alla vita della Comunità Ebraica. |
ricerca
Angelini – Lemmi
supervisione
di Liliana Picciotto |
Consiglio
Regionale della Toscana
Servizio informazione e comunicazione
Comunicato n. 465 del 28/04/2003
50129 Firenze, via Cavour 2
Tel. 055.2387.276/592 |
Gonfalone
d’argento alla memoria a Giorgio Nissim
Conferita
la massima onorificenza del Consiglio regionale della Toscana ai figli
dell’eroe che salvò 800 ebrei. Ricordato anche il contributo di Gino
Bartali
“Noi
abbiamo il dovere della memoria e per onorarla consegniamo una piccola
onorificenza a ricordo di un grande uomo”. Con queste parole il
presidente del Consiglio regionale, Riccardo Nencini, ha conferito il
Gonfalone d’argento a Piero, Simona e Lydia, figli dell’eroe toscano
che salvò dalla deportazione almeno 800 ebrei, nel 1943-44. Erano
presenti alla cerimonia alcuni fra gli unici protagonisti viventi della
storia del “Perlasca” toscano. Come Fratello Arturo Paoli, di 92
anni, venuto appositamente dal Brasile per ricordare come operava la
rete clandestina di Nissim, nella quale il religioso fungeva da
riferimento per il Convento degli Oblati di Lucca. “Di Giorgio ricordo
l’immagine, l’immensa disponibilità di un uomo che ha dedicato la
vita per la protezione del suo popolo”, ha affermato Paoli. Il
religioso ha poi spiegato come funzionava il salvataggio degli ebrei
fuggiaschi, che dovevano presentargli la metà di una banconota da 50
lire da confrontare con le altre metà in suo possesso. Di questa
struttura clandestina, che si estendeva da Genova fino ad Assisi,
passando per Firenze, ne fece parte anche il campione del ciclismo Gino
Bartali, con il ruolo di ‘postino’ delle fotografie per stampare
carte di identità false. Il contributo del ciclista scomparso è stato
ricordato dalla presenza del figlio Andrea. Altro racconto toccante è
stato quello dell’On. Maria Eletta Martini, il cui padre Ferdinando,
negli anni della guerra, era un rappresentate della Resistenza e
collaborava direttamente con Nissim. “Di Giorgio, che nel 1943-44
visitava periodicamente la nostra famiglia, ricordo una frase, in cui
affermava che nessuno dei cattolici, religiosi e non, con i quali venne
in contatto, tentarono mai di convertirlo al cristianesimo”. |
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Piero
Nissim, figlio di Giorgio, con il Gonfalone d'argento
conferito dal Consiglio Regionale della Toscana alla memoria del
padre |
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A
sorpresa, è venuta appositamente da Gerusalemme a rendere omaggio al
“Perlasca Toscano”, Paolina Meyer, una superstite della persecuzione
ebraica, rimasta in vita grazie all’azione di Nissim. Fra gli altri
presenti, la Prof.ssa Liliana Picciotto che ha ricostruito lo scenario
storico nel quale si è sviluppata la vicenda di Nissim, sottolineando
anche aspetti inediti della sua frenetica attività. “Nissim era
infaticabile, incurante del pericolo, girava come una trottola a piedi o
in bicicletta, in cerca di soluzioni ai problemi di tutti, andava a
Genova per ritirare da Don Repetto denaro da consegnare all’amico
fidato Fratello Paoli, perché lo distribuisse agli ebrei nascosti –
ha affermato la Picciotto – Agiva sotto il falso nome di Giorgio
Nicolini, nato a Isernia, contando sul fatto che la città si trovava in
territorio già liberato dagli Alleati”. La studiosa ha poi aggiunto
che soltanto nel 1999, l’Istituto storico Yad Vashem, di Gerusalemme,
dedicato alla memoria delle vittime della Shoah e ai loro soccorritori,
venuto a conoscenza del lavoro di Nissim, di Fratello Paoli e degli
Oblati di Lucca, concesse loro il riconoscimento di “Giusti fra le
Nazioni”. All’incontro hanno partecipato anche il presidente della
Regione Toscana Claudio Martini, i vicepresidenti del Consiglio Enrico
Cecchetti e Leopoldo Provenzali, monsignor Alessandro Plotti, presidente
della Conferenza Episcopale. Il vicepresidente Cecchetti ha ricordato
come la “scoperta” di questo caso sia stata possibile grazie
all’impegno del Consiglio regionale che da una piccola foto di Giorgio
Nissim, esposta alla mostra documentaria “Orizzonti chiusi” a
Castelnuovo Garfagnana (Lu), ha avviato una serie di ricerche. (bb-ac) |
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