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Le
leggi razziste italiane del 1938
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Manifesto
degli Scienziati Razzisti
1. Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una
astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica,
materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata
da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri
fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi.
Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze
umane superiori o inferiori, ma soltanto che esitono razze umane
differenti.
2. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere
che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati
razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna
anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i
nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior
numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista
biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.
3. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è
basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione,
fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche,
religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno
delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi,
dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno
una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione
razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di
razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi
popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che
tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora
inassimilate una alle altre le diverse razze.
4. La popolazione dell'Italia attuale è nella maggioranza di origine
ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana
abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della
civiltà delle genti preariane. L'origine degli Italiani attuali parte
essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e
costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa.
5. E' una leggenda l'apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici.
Dopo l'invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli
movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della
nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la
composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per
l'Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la
stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni
d'Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie
che abitano l'Italia da almeno un millennio.
6. Esiste ormai una pura "razza italiana". Questo enunciato non
è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto
storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di
sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni
popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande
titolo di nobiltà della Nazione italiana.
7. E' tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta
l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo.
Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai
concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere
trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni
filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere
essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole
dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o
affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole
soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto
psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si
stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire
elevare l'italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di
maggiore responsabilità.
8. E' necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d'Europa
(Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dalìaltra. Sono
perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine
africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza
mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo
relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel
corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla
in generale è rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha
lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo
di assimilazione fu sempe rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano
l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è
costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto
dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.
10. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non
devono essere alterati in nessun modo. L'unione è ammissibile solo
nell'ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di
vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo
comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per
moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene
alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di
una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.
"Giornale d'Italia" del 14 luglio 1938 |
Regio
decreto legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390
Provvedimenti
per la difesa della razza nella scuola fascista
Vittorio Emanuele III, per grazia di Dio e per la volontà della
nazione, Re d’Italia, imperatore d’Etiopia
Visto l’art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n. 100
Ritenuta la necessità assoluta e urgente di dettare disposizioni per la
difesa della razza nella scuola italiana;
udito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del nostro Ministro Segretario di Stato per
l’educazione nazionale, di concerto con quello per le finanze;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1. All’ufficio d’insegnante nelle scuole statali o parastatali
di qualsiasi ordine e grado e nelle scuole non governative, ai cui studi
sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere ammesse persone di
razza ebraica, anche se siano state comprese in graduatorie di concorso
anteriormente al presente decreto; né potranno essere ammesse
all’assistentato universitario, né al conseguimento
dell’abilitazione alla libera docenza.
Art. 2. Alle scuole di qualsiasi ordine e grado, ai cui studi sia
riconosciuto effetto legale, non potranno essere iscritti alunni di
razza ebraica.
Art. 3. A datare dal 16 ottobre 1938-XVI tutti gli insegnanti di razza
ebraica che appartengano ai ruoli per le scuole di cui al precedente
art. 1, saranno sospesi dal servizio; sono a tal fine equiparati al
personale insegnante i presidi e direttori delle scuole anzidette, gli
aiuti e assistenti universitari, il personale di vigilanza delle scuole
elementari.
Analogamente i liberi docenti di razza ebraica saranno sospesi
dall’esercizio della libera docenza.
Art. 4. I membri di razza ebraica delle Accademie, degli Istituti e
delle Associazioni di scienze, lettere ed arti, cesseranno di far parte
delle dette istituzioni a datare dal 16 ottobre 1938-XVI.
Art. 5. In deroga al precedente art. 2 potranno in via transitoria
essere ammessi a proseguire gli studi universitari studenti di razza
ebraica, già iscritti a istituti di istruzione superiore, nei passati
anni accademici.
Art. 6. Agli effetti del presente decreto-legge è considerato di razza
ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche
se egli professi religione diversa da quella ebraica.
Art. 7. Il presente decreto-legge, che entrerà in vigore alla data
della sua pubblicazione nella "Gazzetta Ufficiale" del Regno,
sarà presentato al Parlamento per la sua conversione in legge.
Il Ministro per l’Educazione nazionale è autorizzato a presentare il
relativo disegno di legge.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia
inserito nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno
d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
Dato a San Rossore, addì 5 settembre 1938-Anno XVI
Vittorio Emanuele Mussolini, Bottai, Di Revel |
Regio
Decreto-Legge 7 settembre 1938-XVI, n. 1381
Provvedimenti
nei confronti degli ebrei stranieri
Vittorio Emanuele III per grazia di Dio e per la volontà della nazione,
Re d'Italia, Imperatore d'Etiopia
Ritenuta la necessità urgente ed assoluta di provvedere;
Visto l'art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n. 100;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Duce, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro
Segretario di Stato per l'interno;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1. Dalla data di pubblicazione del presente decreto-legge è vietato
agli stranieri ebrei di fissare stabile dimore nel Regno, in Libia e nei
Possedimenti dell'Egeo.
Art. 2. Agli effetti del presente decreto-legge è considerato ebreo colui
che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi
religione diversa da quella ebraica.
Art. 3. Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte a stranieri
ebrei posteriormente al 1° gennaio 1919 s'intendono ad ogni effetto
revocate.
Art. 4. Gli stranieri ebrei che, alla data di pubblicazione del presente
decreto-legge, si trovino nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo
e che vi abbiano iniziato il loro soggiorno posteriormente al 1° gennaio
1919, debbono lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei
Possedimenti dell'Egeo, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del
presente decreto. Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro
il termine suddetto saranno espulsi dal Regno a norma dell'art. 150 del
testo unico delle leggi di P.S., previa l'applicazione delle pene
stabilite dalla legge.
Art. 5. Le controversie che potessero sorgere nell'applicazione del
presente decreto-legge saranno risolte, caso per caso, con decreto del
Ministro per l'interno, emesso di concerto con i Ministri eventualmente
interessati.
Tale decreto non è soggetto ad alcun gravame nè in via amministrativa, nè
in via giurisdizionale. Il presente decreto entra in vigore il giorno
della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e sarà presentato al
Parlamento per la conversione in legge. Il Duce, Ministro per l'interno,
proponente, è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia
inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno
d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a San Rossore, addì 7 settembre 1938-Anno XVI
Vittorio Emanuele, Mussolini |
Dichiarazione
sulla razza del Gran Consiglio del Fascismo
La Dichiarazione sulla razza
Il Gran Consiglio del Fascismo, in seguito alla conquista dell’Impero,
dichiara l’attualità urgente dei problemi razziali e la necessità di
una coscienza razziale. Ricorda che il Fascismo ha svolto da sedici anni
e svolge un’attività positiva, diretta al miglioramento quantitativo
e qualitativo della razza italiana, miglioramento che potrebbe essere
gravemente compromesso, con conseguenze politiche incalcolabili, da
incroci e imbastardimenti.Il problema ebraico non è che l’aspetto
metropolitano di un problema di carattere generale.
Il Gran Consiglio del Fascismo stabilisce:
a) il divieto di matrimoni di italiani e italiane con elementi
appartenenti alle razze camita, semita e altre razze non ariane;
b) il divieto per i dipendenti dello Stato e da Enti pubblici -
personale civile e militare - di contrarre matrimonio con donne
straniere di qualsiasi razza;
c) il matrimonio di italiani e italiane con stranieri, anche di razze
ariane, dovrà avere il preventivo consenso del Ministero
dell’Interno;
d) dovranno essere rafforzate le misure contro chi attenta al prestigio
della razza nei territori dell’Impero.
Ebrei ed ebraismo
Il Gran Consiglio del Fascismo ricorda che l’ebraismo mondiale -
specie dopo l’abolizione della Massoneria - è stato l’animatore
dell’antifascismo in tutti i campi e che l’ebraismo estero o
italiano fuoriuscito è stato - in taluni periodi culminanti come nel
1924-25 e durante la guerra etiopica - unanimemente ostile al Fascismo.
L’immigrazione di elementi stranieri - accentuatasi fortemente dal
1933 in poi - ha peggiorato lo stato d’animo degli ebrei italiani, nei
confronti del Regime, non accettato sinceramente, perché antitetico a
quello che è la psicologia, la politica, l’internazionalismo
d’Israele. Tutte le forze antifasciste fanno capo a elementi ebrei;
l’ebraismo mondiale è, in Spagna, dalla parte dei bolscevichi di
Barcellona.
Il divieto di entrata e l’espulsione degli
ebrei stranieri
Il Gran Consiglio del Fascismo ritiene che la legge concernente il
divieto di ingresso nel Regno degli ebrei stranieri non poteva più
oltre essere ritardata, e che l’espulsione degli indesiderabili -
secondo il termine messo in voga e applicato dalle grandi democrazie -
è indispensabile. Il Gran Consiglio del Fascismo decide che oltre ai
casi singolarmente controversi che saranno sottoposti all’esame
dell’apposita commissione del Ministero dell’Interno, non sia
applicata l’espulsione degli ebrei, i quali:
a) abbiano un’età superiore agli anni 65;
b) abbiano contratto un matrimonio misto italiano prima del 1 ottobre
XVI.
Ebrei di cittadinanza italiana
Il Gran Consiglio del fascismo, circa l’appartenenza o meno alla razza
ebraica, stabilisce quanto segue:
a) è di razza ebraica colui che nasce da genitori entrambi ebrei;
b) è considerato di razza ebraica colui che nasce da padre ebreo e da
madre di nazionalità straniera;
c) non è considerato di razza ebraica colui che è nato da un
matrimonio misto, qualora professi altra religione all’infuori
dell’ebraica, alla data del 1 ottobre XVI.
Discriminazione tra gli ebrei di
cittadinanza italiana
Nessuna discriminazione sarà applicata - escluso in ogni caso
l’insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado - nei confronti di
ebrei di cittadinanza italiana - quando non abbiano per altri motivi
demeritato - i quali appartengano a:
1) famiglie di caduti nelle quattro guerre sostenute dall’Italia in
questo secolo: libica, mondiale, etiopica, spagnola;
2) famiglie dei volontari di guerra nelle guerre libica, mondiale,
etiopica, spagnola;
3) famiglie di combattenti delle guerre libica, mondiale, etiopica,
spagnola, insigniti della croce al merito di guerra;
4) famiglie dei caduti per la Causa fascista;
5) famiglie dei mutilati, invalidi, feriti della Causa fascista;
6) famiglie di Fascisti iscritti al Partito negli anni
‘19-’20-’21-’22 e nel secondo semestre del ‘24 e famiglie di
legionari fiumani;
7) famiglie aventi eccezionali benemerenze che saranno accertate da
apposita commissione.
Gli altri ebrei
I cittadini italiani di razza ebraica, non appartenenti alle suddette
categorie, nell’attesa di una nuova legge concernente l’acquisto
della cittadinanza italiana, non potranno:
a) essere iscritti al Partito Nazionale Fascista;
b) essere possessori o dirigenti di aziende di quasiasi natura che
impieghino cento o più persone;
c) essere possessori di oltre cinquanta ettari di terreno;
d) prestare servizio militare in pace e in guerra.
L’esercizio delle professioni sarà oggetto di ulteriori
provvedimenti.
Il Gran Consiglio del Fascismo decide inoltre:
1) che agli ebrei allontanati dagli impieghi pubblici sia riconosciuto
il normale diritto di pensione;
2) che ogni forma di pressione sugli ebrei, per ottenere abiure, sia
rigorosamente repressa;
3) che nulla si innovi per quanto riguarda il libero esercizio del culto
e l’attività delle comunità ebraiche secondo le leggi vigenti;
4) che, insieme alle scuole elementari, si consenta l’istituzione di
scuole medie per gli ebrei.
Immigrazione di ebrei in Etiopia
Il Gran Consiglio del Fascismo non esclude la possibilità di concedere,
anche per deviare l’immigrazione ebraica dalla Palestina, una
controllata immigrazione di ebrei europei in qualche zona
dell’Etiopia. Questa eventuale e le altre condizioni fatte agli ebrei
potranno essere annullate o aggravate a seconda dell’atteggiamento che
l’ebraismo assumerà nei riguardi dell’Italia fascista.
Cattedre di razzismo
Il Gran Consiglio del Fascismo prende atto con soddisfazione che il
Ministro dell’Educazione Nazionale ha istituito cattedre di studi
sulla razza nelle principali Università del Regno.
Alle camicie nere
Il Gran Consiglio del Fascismo, mentre nota che il complesso dei
problemi razziali ha suscitato un interesse eccezionale nel popolo
italiano, annuncia ai Fascisti che le direttive del Partito in materia
sono da considerare fondamentali e impegnative per tutti e che alle
direttive del Gran Consiglio devono ispirarsi le leggi che saranno
sollecitamente preparate dai singoli Ministri.
6 ottobre 1938 |
R.D.L.
17/11/1938, n. 1728 (XVII) G.U. n. 264 del 19/11/1938.
Convertito in legge il 5 gennaio 1939 n.
38.
Provvedimenti
per la difesa della razza italiana
CAPO PRIMO: Provvedimenti
relativi ai matrimoni.
Art. 1: Il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona
appartenente ad altra razza è proibito. Il matrimonio celebrato in
contrasto con tale divieto è nullo.
Art. 2: Fermo il divieto di cui all’art. 1, il matrimonio del
cittadino italiano con persona di nazionalità straniera è subordinato
al preventivo consenso del Ministro per l’Interno. I trasgressori sono
puniti con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a lire
diecimila.
Art. 3: Fermo il divieto di cui all’art.1, i dipendenti delle
Amministrazioni civili e militari dello Stato, delle organizzazioni del
Partito Nazionale Fascista o da esso controllate, delle Amministrazioni
delle Provincie, dei Comuni, degli Enti parastatali e delle Associazioni
sindacali ed Enti collaterali non possono contrarre matrimonio con
persone di nazionalità straniera. Salva la applicazione, ove ne
ricorrano gli estremi, delle sanzioni previste dell’art. 2, la
trasgressione del predetto divieto importa la perdita dell’impiego e
del grado.
Art. 4: Ai fini dell’applicazione degli artt. 2 e 3, gli italiani non
regnicoli non sono considerati stranieri.
Art. 5: L’ufficiale dello stato civile, richiesto di pubblicazioni di
matrimonio, è obbligato ad accertare, indipendentemente dalle
dichiarazioni delle parti, la razza e lo stato di cittadinanza di
entrambi i richiedenti. Nel caso previsto dall’art. 1 non procederà né
alle pubblicazioni né alla celebrazione del matrimonio. L'ufficiale
dello stato civile che trasgredisce al disposto del presente articolo è
punito con l'ammenda da lire cinquecento a lire cinquemila.
Art. 6: Non può produrre effetti civili e non deve, quindi, essere
trascritto nei registri dello Stato civile, a norma dell’art. 5 della
legge 27 maggio 1929 VII, n. 847, il matrimonio celebrato in violazione
dell’art. 1. Al Ministro del culto, davanti al quale sia celebrato
tale matrimonio, è vietato l’adempimento di quanto è disposto dal
primo comma dell’art. 8 della predetta legge. I trasgressori sono
puniti con l’ammenda da lire cinquecento a lire cinquemila.
Art. 7: L’ufficiale dello stato civile che ha proceduto alla
trascrizione degli atti relativi a matrimoni celebrati senza
l’osservanza del disposto dell’art. 2 è tenuto a farne immediata
denunzia all’autorità competente.
CAPO SECONDO: Degli
appartenenti alla razza ebraica.
Art. 8: Agli effetti di legge:
a) è di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza
ebraica, anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica;
b) è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di cui
uno di razza ebraica e l’altro di nazionalità straniera;
c) è considerato di razza ebraica colui che è nato da madre di razza
ebraica, qualora sia ignoto il padre;
d) è considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da
genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica,
appartenga alla religione ebraica, o sia, comunque, iscritto ad una
comunità israelitica, ovvero abbia fatto, in qualsiasi altro modo,
manifestazione di ebraismo. Non è considerato di razza ebraica colui
che è nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di
razza ebraica, che alla data del 1° ottobre 1938 XVI, apparteneva a
religione diversa da quella ebraica.
Art. 9: L’appartenenza alla razza ebraica deve essere denunziata ed
annotata nei registri dello Stato civile e della popolazione. Tutti gli
estratti dei predetti registri ed i certificati relativi, che riguardano
appartenenti alla razza ebraica devono fare espressa menzione di tale
annotazione. Uguale menzione deve farsi negli atti relativi a
concessioni o autorizzazioni della Pubblica Autorità. I contravventori
alle disposizioni del presente articolo sono puniti con l’ammenda fino
a lire duemila.
Art. 10: I cittadini italiani di razza ebraica non possono:
a) prestare servizio militare in pace e in guerra;
b) esercitare l’ufficio di tutore o curatore di minori o di incapaci
non appartenenti alla razza ebraica;
c) essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo di aziende
dichiarate interessanti la difesa della Nazione, ai sensi e con le norme
dell’art. 1 del Regio decr. Lex 18/11/1929 VIII n. 2488, e di aziende
di qualunque natura che impieghino 100 o più persone, né avere di
dette aziende la direzione, né assumervi comunque l’ufficio di
amministratore o di sindaco;
d) essere proprietari di terreni che, in complesso abbiano un estimo
superiore a lire cinquemila;
e) essere proprietari di fabbricati urbani che, in complesso abbiano un
imponibile superiore a lire 20.000. Per i fabbricati per i quali non
esista l’imponibile, essa sarà stabilito sulla base degli
accertamenti eseguiti ai fini dell’applicazione dell’imposta
straordinaria sulla proprietà immobiliare di cui al R.D. L. 5/10/1936
XIV n. 1743. Con decreto Reale, su proposta del Ministro per le finanze,
di concerto coi Ministri per l’interno, per la grazia e giustizia, per
le corporazioni e per gli scambi e valute, saranno emanate le norme per
l’attuazione delle disposizioni di cui alle lettere c), d), e).
Art. 11: Il genitore di razza ebraica può essere privato della patria
podestà sui figli che appartengano a religione diversa da quella
ebraica, qualora risulti che egli impartisca ad essi una educazione non
corrispondente ai loro principi religiosi o ai fini nazionali.
Art. 12: Gli appartenenti alla razza ebraica non possono avere alle
proprie dipendenze, in qualità di domestici, cittadini italiani di
razza ariana. I trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire 1.000 a
lire 5.000.
Art. 13: Non possono avere alle proprie dipendenze persone appartenenti
alla razza ebraica:
a) le Amministrazioni civili e militari dello Stato;
b) il Partito Nazionale Fascista e le organizzazioni che ne dipendono o
ne sono controllate;
c) le Amministrazioni delle Provincie, dei Comuni, delle Istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza e degli Enti, Istituti ed Aziende
comprese quelle di trasporti in gestione diretta, amministrate o
mantenute col concorso delle Province, Comuni, delle Istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza o dei loro Consorzi;
d) le Amministrazioni delle aziende municipalizzate;
e) le Amministrazioni degli Enti parastatali, comunque costituiti e
denominati, delle Opere Nazionali, delle Associazioni sindacali ed Enti
collaterali e, in genere, di tutti gli Enti ed Istituti di diritto
pubblico, anche con ordinamento autonomo, sottoposti a vigilanza o a
tutela dello Stato, o al cui mantenimento lo Stato concorra con tributi
di carattere continuativo;
f) le Amministrazioni delle aziende annesse o direttamente dipendenti
dagli Enti di cui alla precedente lettera e) o che attingano ad essi, in
modo prevalente, i mezzi necessari per il raggiungimento dei propri
fini, nonché delle società, il cui capitale sia costituito, almeno per
metà del suo importo, con la partecipazione dello Stato;
g) le Amministrazioni delle banche di interesse nazionale;
h) le Amministrazioni delle imprese private di Assicurazioni.
Art. 14: Il Ministro per l’interno, sulla documentata istanza degli
interessati, può, caso per caso dichiarare non applicabili le
disposizioni dall'art. 10 nonché dell’art. 13 lettera h:
a) ai componenti le famiglie dei caduti nelle guerre libica, mondiale,
etiopica e spagnola e dei caduti per la causa fascista;
b) a coloro che si trovino in una delle seguenti condizioni:
1) mutilati, invalidi, feriti, volontari di guerra o decorati al valore
nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola;
2) combattenti nelle guerre: libica, mondiale, etiopica, spagnola, che
abbiano conseguito almeno la croce al merito di guerra;
3) mutilati, invalidi, feriti della causa fascista;
4) iscritti al Partito Nazionale Fascita negli anni 1919-20-21-22 e nel
secondo-semestre del 1924;
5) legionari fiumani;
6) abbiano acquisito eccezionali benemerenze da valutarsi ai termini
dell’art. 16.
Nei casi preveduti alla lettera b), il beneficio può essere esteso ai
componenti la famiglia delle persone ivi elencate, anche se queste siano
premorte. Gli interessati possono richiedere l’annotazione del
provvedimento del Ministro per l’Interno nei registri di Stato Civile
e di popolazione. Il provvedimento del Ministro per l’Interno non è
soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa sia in via
giurisdizionale.
Art. 15: Ai fini dell’applicazione dell’art. 14, sono considerati
componenti della famiglia oltre il coniuge, gli ascendenti e i
discendenti fino al secondo grado.
Art. 16: Per la valutazione delle speciali benemerenze di cui all’art.
14; b n. 6 è istituita presso il Ministero dell’Interno una
Commissione composta dal Sottosegretario di Stato all’interno che la
presiede, di un Vicesegretario del Partito Nazionale Fascista e del Capo
di Stato Maggiore della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale.
Art. 17: E’ vietato agli ebrei stranieri di fissare stabile dimora nel
Regno, in Libia e nei Possedimenti dell’Egeo.
CAPO TERZO: Disposizioni
transitorie e finali.
Art. 18: Per il periodo di 3 mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, è data facoltà al Ministro per l’Interno, sentita
l’Amministrazione interessata, di dispensare, in casi speciali, dal
divieto di cui all’art. 3, gli impiegati che intendono contrarre
matrimonio con persona straniera di razza ariana.
Art. 19: Ai fini dell’applicazione dell’art. 9, tutti coloro che si
trovano nelle condizioni di cui all’art. 8, devono farne denunzia
all’ufficio di Stato civile del Comune di residenza, entro 90 giorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Coloro che non
adempiono a tale obbligo entro il termine prescritto o forniscono dati
inesatti o incompleti sono puniti con l’arresto fino ad un mese e con
l’ammenda fino a lire tremila.
Art. 20: I dipendenti degli Enti indicati nell’art. 13, che
appartengono alla razza ebraica, saranno dispensati dal servizio nel
termine di tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto.
Art. 21: I dipendenti dello Stato in pianta stabile dispensati dal
servizio a norma dell’art. 20, sono ammessi a far valere il diritto al
trattamento di quiescenza loro spettante a termini di legge. In deroga
alle vigenti disposizioni, a coloro che non hanno maturato il periodo di
tempo prescritto è concesso il trattamento minimo di pensione se hanno
compiuto almeno dieci anni di servizio; negli altri casi è concessa una
indennità pari a tanti dodicesimi dell’ultimo stipendio quanti sono
gli anni di servizio compiuti.
Art. 22: Le disposizioni di cui all’art. 21 sono estese, in quanto
applicabili, agli enti indicati alle lettere b), c), d), e), f), g), h),
dell’art. 13. Gli Enti, nei cui confronti non sono applicabili le
disposizioni dell’art. 21, liquideranno, ai dipendenti dispensati dal
servizio, gli assegni o le indennità previsti dai propri ordinamenti o
dalle norme che regolano il rapporto di impiego per i casi di dispensa o
licenziamento per motivi estranei alla volontà dei dipendenti.
Art. 23: Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte ad ebrei
stranieri posteriormente al 1° gennaio 1919 si intendono ad ogni
effetto revocate.
Art. 24: Gli ebrei stranieri e quelli nei cui confronti si applica
l’art. 23, i quali abbiano iniziato il loro soggiorno nel Regno, in
Libia e nei possedimenti dell’Egeo posteriormente al 1° gennaio 1919,
debbono lasciare il territorio del Regno, della Libia, e dei
Possedimenti dell’Egeo, entro il 12 marzo 1939 XVII. Coloro che non
avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto saranno
puniti con l’arresto fino a 3 mesi o con l’ammenda fino a lire 5.000
e saranno espulsi a norma dell’art. 150 del Testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza, approvato con Regio decreto 18/6/1931 IX n. 773.
Art. 25: La disposizione dell’art. 24 non si applica agli ebrei di
nazionalità straniera i quali anteriormente al 1° ottobre 1938 XVI:
a) abbiano compiuto il 65° anno di età;
b) abbiano contratto matrimonio con persone di cittadinanza italiana.
Ai fini dell’applicazione del presente articolo, gli interessati
dovranno far pervenire documentata istanza al Ministero per
l’interno entro trenta giorni dalla data di entrata
in vigore del presente decreto.
Art. 26: Le questioni relative all’applicazione del presente decreto
saranno risolte, caso per caso, dal Ministro per l’Interno, sentiti i
Ministri eventualmente interessati e previo parere di una commissione da
lui nominata. Il provvedimento non è soggetto ad alcun gravame, sia in
via amministrativa, sia in via giurisdizionale.
Art. 27: Nulla è innovato per quanto riguarda il pubblico esercizio del
culto e l’attività delle comunità israelitiche, secondo le leggi
vigenti, salvo le modificazioni eventualmente necessarie per coordinare
tali leggi con le disposizioni del presente decreto.
Art. 28: E’ abrogata ogni disposizione contraria, o comunque,
incompatibile con quelle del presente decreto.
Art. 29: Il governo del Re è autorizzato ad emanare le norme necessarie
per l’attuazione di tale decreto. Il presente decreto sarà presentato
al Parlamento per la sua conversione in legge. Il DUCE, Ministro per
l’Interno, proponente, è autorizzato a presentare il relativo
disegno di legge.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia
inserito nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno
d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
Dato a Roma, addì 17/11/1938 XVII
VITTORIO EMANUELE
Mussolini Ciano Solmi Di Revel Lantini |
Regio
Decreto - Legge 15 novembre 1938 - XVII, n. 1779
Integrazione e coordinamento in unico testo
delle norme già emanate per la difesa della razza nella Scuola Italiana
Vittorio Emanuele III per grazia di Dio e per la volontà della nazione,
Re d'Italia, Imperatore d'Etiopia
Veduto il R. decreto-legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390;
Veduto il R. decreto-legge 23 settembre 1938-XVI, n. 1630;
Veduto il testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sull'istruzione
elementare approvato con R. decreto 5 febbraio 1928-VI, n. 877, e
successive modificazioni;
Veduto il R. decreto-legge 3 giugno 1938-XVI, n. 928;
Veduto l'art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n.100; Riconosciuta
la necessità urgente ed assoluta di dettare ulteriori disposizioni per la
difesa della razza nella Scuola italiana e di coordinarle in unico testo
con quelle sinora emanate;
Udito il Consiglio dei Ministri; Sulla proposta del DUCE, Primo Ministro
Segretario di Stato e Ministro per l'interno e del Nostro Ministro
Segretario di Stato per l'educazione nazionale, di concerto con quello per
le finanze;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1. A qualsiasi ufficio od impiego nelle scuole di ogni ordine e
grado, pubbliche e private, frequentate da alunni italiani, non possono
essere ammesse persone di razza ebraica, anche se siano state comprese in
graduatorie di concorsi anteriormente al presente decreto; nè possono
essere ammesse al conseguimento dell'abilitazione alla libera docenza.
Agli uffici ed impieghi anzidetti sono equiparati quelli relativi agli
istituti di educazione, pubblici e privati, per alunni italiani, e quelli
per la vigilanza nelle scuole elementari.
Art. 2. Delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze,
lettere ed arti non possono far parte persone di razza ebraica.
Art. 3. Alle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche o private,
frequentate da alunni italiani, non possono essere iscritti alunni di
razza ebraica. è tuttavia consentita l'iscrizione degli alunni di razza
ebraica che professino la religione cattolica nelle scuole elementari e
medie dipendenti dalle Autorità ecclesiastiche.
Art. 4. Nelle scuole d'istruzione media frequentate da alunni italiani è
vietata l adozione di libri di testo di autori di razza ebraica. Il
divieto si estende anche ai libri che siano frutto della collaborazione di
più autori, uno dei quali sia di razza ebraica; nonché alle opere che
siano commentate o rivedute da persone di razza ebraica.
Art. 5. Per i fanciulli di razza ebraica sono istituite, a spese dello
Stato, speciali sezioni di scuola elementare nelle località in cui il
numero di essi non sia inferiore a dieci. Le comunità israelitiche
possono aprire, con l'autorizzazione del Ministro per l'educazione
nazionale, scuole elementari con effetti legali per fanciulli di razza
ebraica, e mantenere quelle all'uopo esistenti. Per gli scrutini e per gli
esami nelle dette scuole il Regio provveditore agli studi nomina un
commissario. Nelle scuole elementari di cui al presente articolo il
personale potrà essere di razza ebraica; i programmi di studio saranno
quelli stessi stabiliti per le scuole frequentate da alunni italiani,
eccettuato l'insegnamento della religione cattolica; i libri di testo
saranno quelli di Stato, con opportuni adattamenti, approvati dal Ministro
per l'educazione nazionale, dovendo la spesa per tali adattamenti gravare
sulle comunità israelitiche.
Art. 6. Scuole d'istruzione media per alunni di razza ebraica potranno
essere istituiti dalle comunità israelitiche o da persone di razza
ebraica. Dovranno all'uopo osservarsi le disposizioni relative
all'istituzione di scuole private. Alle scuole stesse potrà essere
concesso il beneficio del valore legale degli studi e degli esami à sensi
dell'art.15 del R. decreto-legge 3 giugno 1938-XVI n.928, quando abbiano
ottenuto di far parte in qualità di associate dell'Ente nazionale per
l'insegnamento medio: in tal caso i programmi di studio saranno quelli
stessi stabiliti per le scuole corrispondenti frequentate da alunni
italiani, eccettuati gli insegnamenti della religione e della cultura
militare. Nelle scuole d'istruzione media di cui al presente articolo il
personale potrà essere di razza ebraica e potranno essere adottati libri
di testo di autori di razza ebraica.
Art. 7. Per le persone di razza ebraica l'abilitazione a impartire
l'insegnamento medio riguarda esclusivamente gli alunni di razza ebraica.
Art. 8. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto il personale
di razza ebraica appartenente ai ruoli per gli uffici e gli impieghi di
cui al precedente art.1 è dispensato dal servizio, ed ammesso a far
valere i titoli per l'eventuale trattamento di quiescenza ai sensi delle
disposizioni generali per la difesa della razza italiana. Al personale
stesso per il periodo di sospensione di cui all'art.3 del R. decreto legge
5 settembre 1938-XVI, n. 1390, vengono integralmente corrisposti i normali
emolumenti spettanti ai funzionari in servizio. Dalla data di entrata in
vigore del presente decreto i liberi docenti di razza ebraica decadono
dall'abilitazione.
Art. 9 Per l'insegnamento nelle scuole elementari e medie per alunni di
razza ebraica saranno preferiti gl'insegnanti dispensati dal servizio a
cui dal Ministro per l'interno siano state riconosciute le benemerenze
individuali o famigliari previste dalle disposizioni generali per la
difesa della razza italiana. Ai fini del presente articolo sono equiparati
al personale insegnante i presidi e direttori delle scuole pubbliche e
private e il personale di vigilanza nelle scuole elementari.
Art. 10. In deroga al precedente art. 3 possono essere ammessi in via
transitoria a proseguire gli studi universitari studenti di razza ebraica
già iscritti nei passati anni accademici a Università o Istituti
superiori del Regno. La stessa disposizione si applica agli studenti
iscritti ai corsi superiori e di perfezionamento per i diplomati nei Regi
conservatori, alle Regie accademie di belle arti e ai corsi della Regia
accademia d'arte drammatica in Roma, per accedere ai quali occorre un
titolo di studi medi di secondo grado o un titolo equipollente. Il
presente articolo si applica anche agli studenti stranieri, in deroga alle
disposizioni che vietano agli ebrei stranieri di fissare stabile dimora
nel Regno.
Art. 11. Per l'anno accademico 1938-39 la decorrenza dei trasferimenti e
delle nuove nomine dei professori universitari potrà essere protratta al
1° gennaio 1939-XVII. Le modificazioni agli statuti delle Università e
degl'Istituti d'istruzione superiore avranno vigore per l'anno accademico
1938-39, anche se disposte con Regi decreti di data posteriore al 29
ottobre 1938-XVII.
Art. 12. I Regi decreti-legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1390, e 23
settembre 1938-XVI, n.1630, sono abrogati. è altresì abrogata la
disposizione di cui all'art.3 del Regio decretolegge 20 giugno 1935-XIII,
n.1071.
Art. 13. Il presente decreto sarà presentato al Parlamento per la
conversione in legge. Il Ministro proponente è autorizzato alla
presentazione del relativo disegno di legge.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia
inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno
d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a San Rossore, addì 15 novembre 1938 - XVII
Vittorio Emanuele, Mussolini, Bottai, Di Revel |
Disciplina
dell'esercizio delle professioni da parte dei cittadini di razza ebraica.
Con Legge 29 Giugno 1939, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 2 Agosto
1939-XVIII, N. 179, sono state dettate le norme seguenti circa l'esercizio
delle professioni da parte di cittadini di razza ebraica:
CAPO I: Disposizioni
generali
Art. 1. L'esercizio delle professioni di giornalista, medico-chirurgo,
farmacista, veterinario, ostetrica, avvocato, procuratore, patrocinatore
legale, esercente in economia e commercio, ragioniere, ingegnere,
architetto, chimico, agronomo, geometra, perito agrario, perito
industriale, é, per i cittadini appartenenti alla razza ebraica, regolato
dalle seguenti disposizioni.
Art. 2. Ai cittadini italiani di razza ebraica é vietato l'esercizio
della professione di notaro. Ai cittadini italiani di razza ebraica non
discriminato é vietato l'esercizio della professione di giornalista. Per
quanto riguarda la professione di insegnante privato, rimangono in vigore
le disposizioni di cui agli articoli 1 e 7 del Regio decreto-legge 15
novembre 1938-XVII, n. 1779.
Art. 3. I cittadini di razza ebraica esercenti una delle professioni di
cui all'art. 1, che abbiano ottenuto la discriminazione a termini
dell'art. 14 del Regio decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728,
saranno iscritti in "elenchi aggiunti", da istituirsi in
appendice agli albi professionali, e potranno continuare nell'esercizio
della professione, a norma delle vigenti disposizioni, salve le
limitazioni previste dalla presente legge. Sono altres“ istituiti, in
appendice agli elenchi transitori eventualmente previsti dalle vigenti
leggi o regolamenti in aggiunta agli albi professionali, elenchi aggiunti
dei professionisti di razza ebraica discriminati. Si applicano agli
elenchi aggiunti tutte le norme che regolano la tenuta e la disciplina
degli albi professionali.
Art. 4. I cittadini italiani di razza ebraica non discriminati, i quali
esercitano una delle professioni indicate dall'art. 1, esclusa quella di
giornalista, potranno essere iscritti in elenchi speciali secondo le
disposizioni del capo II della presente legge, e potranno continuare
nell'esercizio professionale con le limitazioni stabilite dalla legge
stessa.
Art. 5. Gli iscritti negli elenchi speciali professionali previsti
dall'art. 4 cessano dal far parte delle Associazioni sindacali di
categoria giuridicamente riconosciute, e non possono essere da queste
rappresentati. Tuttavia si applicano ad essi le norme inerenti alla
disciplina dei rapporti collettivi di lavoro.
Art. 6. E' fatto obbligo ai professionisti che si trovino nelle condizioni
previste dagli articoli 1 e 2, primo comma, ed a quelli iscritti nei ruoli
di cui all'art. 23 di denunciare la propria appartenenza alla razza
ebraica, entro il termine di venti giorni dalla entrata in vigore della
presente legge, agli organi competenti per la tenuta degli albi o dei
ruoli. I trasgressori sono puniti con l'arresto sino ad un mese e con
l'ammenda sino a lire tremila. La denunzia deve essere fatta anche nel
caso che sia pendente ricorso per l'accertamento della razza ai sensi
dell'art. 26 del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728. Il reato
sarà dichiarato estinto se il ricorso di cui al terzo comma sia deciso
con la dichiarazione di non appartenenza del ricorrente alla razza
ebraica. Ove la denunzia non sia effettuata, gli organi competenti per la
tenuta degli albi o dei ruoli provvederanno d'ufficio all'accertamento. La
cancellazione dagli albi o dai ruoli viene deliberata dai predetti organi
non oltre il febbraio 1940-XVIII, ma ha effetto alla scadenza di detto
termine. La deliberazione é notificata agli interessati a mezzo di
ufficiale giudiziario, e con le forme della notificazione della citazione.
CAPO II: Degli
elenchi speciali e delle condizioni per essere iscritti
Art. 7. Per ogni circoscrizione di Corte di appello sono istituiti, presso
la Corte medesima, gli elenchi speciali per le singole professioni
previsti dall'art. 4. Nessuno può essere iscritto contemporaneamente in
più di un elenco per la stessa professione; su domanda dell'interessato
é ammesso tuttavia il trasferimento da un elenco distrettuale all'altro.
Il trasferimento non interrompe il corso dell'anzianità di iscrizione.
Art. 8. I cittadini di razza ebraica esercenti una delle professioni di
cui all'art. 1, esclusa quella di giornalista, e che intendano ottenere
l'iscrizione nel rispettivo elenco speciale, dovranno farne domanda al
primo presidente della Corte di appello del distretto, in cui abbiano la
residenza, nel termine di centottanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge.
Art. 9. Per essere iscritti negli elenchi speciali é necessario:
a) essere cittadini italiani;
b) essere di specchiata condotta morale e di non avere svolto azione
contraria agli interessi del Regime e della Nazione;
c) avere la residenza nella circoscrizione della Corte di appello;
d) essere in possesso degli altri requisiti stabiliti dai vigenti
ordinamenti professionali per l'esercizio della rispettiva professione.
Art. 10. Non possono conseguire l'iscrizione negli elenchi speciali coloro
che abbiano riportato condanna per delitto non colposo per il quale la
legge commini la pena della reclusione, non inferiore nel minimo a due
anni e nel massimo a cinque o, comunque, condanna che importi la
radiazione o cancellazione dagli albi professionali. Non possono,
parimenti, conseguire l'iscrizione coloro che siano stati o si trovino
sottoposti ad una delle misure di polizia previste dal testo unico delle
leggi di pubblica sicurezza approvato con R. decreto 18 giugno 1931-IX, n.
773.
Art. 11. Le domande per l'iscrizione devono essere corredate dai seguenti
documenti:
a) atto di nascita;
b) certificato di cittadinanza italiana;
c) certificato di residenza;
d) certificato di buona condotta morale, civile e politica;
e) certificato generale del casellario giudiziario di data non anteriore a
mesi 3 dalla presentazione della domanda e certificato dei procedimenti a
carico;
f) certificato dell'Autorità di pubblica sicurezza del luogo di residenza
del richiedente, attestante che questi non é stato sottoposto ad alcuna
delle misure previste dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza
approvato con R. decreto 18 giugno 1931-IX, n. 773;
g) titoli di abilitazione richiesti per la iscrizione nell'albo
professionale.
Art. 12. Le attribuzioni relative alla tenuta degli elenchi di cui
all'art. 4 ed alla disciplina degli iscritti, previste dalle vigenti leggi
e regolamenti professionali, sono esercitate nell'ambito di ciascun
distretto di Corte di appello, per tutti gli elenchi, da una Commissione
distrettuale. Essa ha sede presso la Corte di appello, é presieduta dal
primo presidente della Corte medesima, o da un magistrato della Corte, da
lui delegato, ed é composta di sei membri, rispettivamente designati dal
Ministro per l'Interno, dal Segretario del Partito Nazionale Fascista,
Ministro Segretario di Stato, dai Ministri per l'Educazione Nazionale, per
i Lavori Pubblici e per le Corporazioni, nonchè dal Presidente della
Confederazione Fascista dei Professionisti ed Artisti.
Art. 13. I componenti della Commissione di cui all'articolo precedente
sono nominati con decreto del Ministro per la Grazia e Giustizia. Essi
durano in carica tre anni e possono essere confermati. Quelli nominati in
sostituzione di altri durante il triennio durano in carica sino alla
scadenza del triennio.
Art. 14. La Commissione distrettuale verifica le domande di cui all'art. 8
e, ove ricorrano le condizioni richieste dalla presente legge, delibera la
iscrizione del professionista nel rispettivo elenco speciale. Le adunanze
della Commissione sono valide con l'intervento di almeno quattro
componenti. Le deliberazioni della Commissione sono motivate; vengono
prese a maggioranza di voti; in caso di parità di voti prevale quello del
presidente. Esse sono notificate, nel termine di 15 giorni, agli
interessati ed al Procuratore generale presso la Corte di appello, nonchè
al Prefetto, qualora riguardino esercenti le professioni sanitarie.
Art. 15. Contro le deliberazioni della Commissione in ordine alla
iscrizione ed alla cancellazione dall'elenco, nonchè ai giudizi
disciplinari, é dato ricorso tanto all'interessato quanto al Procuratore
generale della Corte di appello, e, nel caso di esercenti le professioni
sanitarie, al Prefetto, entro 30 giorni dalla notifica, ad una Commissione
Centrale che ha sede presso il Ministero di Grazia e Giustizia.
Art. 16. La Commissione centrale, di cui all'articolo precedente, é
presieduta da un magistrato di grado terzo ed é composta del Direttore
generale degli affari civili e delle professioni legali presso il
Ministero di Grazia e Giustizia, o di un suo delegato, e di altri sette
membri, rispettivamente designati dal Ministro per l'interno, dal
Segretario del Partito Nazionale Fascista, Ministro Segretario di Stato,
dai Ministri per l'Educazione Nazionale, per i Lavori Pubblici, per
l'Agricoltura e per le Foreste e per le Corporazioni, nonchè dal
Presidente della Confederazione Fascista dei Professionisti e degli
Artisti. I componenti della Commissione sono nominati con decreto Reale,
su proposta del Ministro per la Grazia e Giustizia. Essi durano in carica
tre anni e possono essere confermati. Quelli nominati in sostituzione di
altri durante il triennio durano in carica sino alla scadenza del
triennio. Le adunanze della Commissione centrale sono valide con
l'intervento di almeno cinque componenti. Il ministro per la Grazia e
Giustizia provvede con suo decreto alla costituzione della Segreteria
della predetta Commissione.
CAPO III: Disciplina
degli iscritti negli elenchi speciali
Art. 17. Entro il mese di febbraio di ogni anno, la Commissione di cui
all'art. 12 procede alla revisione dell'elenco speciale, apportandovi le
modificazioni e le aggiunte che fossero necessarie. Ai provvedimenti
adottati si applicano le disposizioni degli articoli 14, ultimo comma, e
15.
Art. 18. La Commissione può applicare sanzioni disciplinari: per gli
abusi e le mancanze degli iscritti nell'elenco speciale commesso
nell'esercizio della professione; per motivi di manifesta indegnità
morale e politica. Le sanzioni disciplinari sono:
a) censura;
b) sospensione dall'esercizio professionale per un tempo non maggiore di
sei mesi; cancellazione dall'elenco. I provvedimenti di cui al comma
precedente sono notificati all'interessato per mezzo dell'ufficiale
giudiziario. L'istruttoria che precede il giudizio disciplinare può
essere promossa dalla Commissione su domanda di parte, o su richiesta del
pubblico ministero, ovvero d'ufficio in seguito a deliberazione della
Commissione ad iniziativa di uno o pi? membri. I fatti addebitati devono
essere contestati all'interessato con l'assegnazione di un termine per la
presentazione delle giustificazioni.
Art. 19. La cancellazione dall'elenco speciale, oltre che per motivi
disciplinari, può essere pronunciata dalla Commissione, su domanda
dell'interessato. Può essere promossa d'ufficio su richiesta del
procuratore generale della Corte di appello nel caso:
a) di perdita della cittadinanza;
b) di trasferimento dell'iscritto in altro elenco;
c) di trasferimento dell'iscritto all'estero.
Contro la pronuncia della Commissione é sempre ammesso ricorso a norma
dell'art. 15.
Art. 20. La condanna o l'applicazione di una delle misure previste dal
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato col R. decreto 18
giugno 1931-IX, n. 773, importano la cancellazione dall'elenco speciale.
L'iscritto che si trovi sottoposto a procedimento penale, ovvero deferito
per l'applicazione di una delle misure di cui al comma precedente, può
essere sospeso dall'esercizio della professione. La sospensione ha sempre
luogo quando é emesso mandato di cattura e fino alla sua revoca.
CAPO IV: Dell'esercizio
professionale degli iscritti negli elenchi aggiunti e negli elenchi
speciali
Art. 21. L'esercizio professionale da parte dei cittadini italiani di
razza ebraica, iscritti negli elenchi speciali, é soggetto alle seguenti
limitazioni:
a) salvi i casi di comprovata necessità ed urgenza, la professione deve
essere esercitata esclusivamente a favore di persone appartenenti alla
razza ebraica;
b) la professione di farmacista non può essere esercitata se non presso
le farmacie di cui all'art. 114 del testo unico delle leggi sanitarie
approvato con R. decreto 27 luglio 1934-XII, n. 1265, qualora l'Ente cui
la farmacia appartiene svolga la propria attività istituzionale
esclusivamente nei riguardi di appartenenti alla razza ebraica;
c) ai professionisti di razza ebraica non possono essere conferiti
incarichi che importino funzioni di pubblico ufficiale, ne può essere
consentito l'esercizio di attività per conto di enti pubblici,
fondazioni, associazioni e comitati di cui agli articoli 34 e 37 del
Codice civile o in locali da questi dipendenti. La disposizione di cui
alla lettera c) del presente articolo si applica anche ai cittadini
italiani di razza ebraica iscritti negli "elenchi aggiunti".
Art. 22. I cittadini italiani di razza ebraica non possono essere iscritti
nei ruoli degli amministratori giudiziari, se già iscritti, ne sono
cancellati.
Art. 23. I cittadini di razza ebraica non possono essere comunque iscritti
nei ruoli dei revisori ufficiali dei conti, di cui al R. decreto-legge 24
luglio 1936-XIV, n. 1548, o nei ruoli dei periti e degli esperti ai
termini dell'art. 32 del testo unico delle leggi sui Consigli e sugli
Uffici provinciali delle corporazioni, approvato con R. decreto 20
settembre 1934XII, n. 2011, e, se vi sono già iscritti, ne sono
cancellati.
Art. 24. I professionisti forensi cittadini italiani di razza ebraica, che
siano iscritti negli albi speciali per l'infortunistica, perdono il
diritto a mantenere l'iscrizione negli albi stessi a decorrere da 180
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 25. E' vietata qualsiasi forma di associazione e collaborazione
professionale tra i professionisti non appartenenti alla razza ebraica e
quelli di razza ebraica.
Art. 26. L'esercizio delle attività professionali vietate dall'art. 21 é
punito ai sensi dell'art. 348 del Codice penale. La trasgressione alle
disposizioni di cui all'art. 25 importa la cancellazione, secondo i casi,
dagli albi professionali, dagli elenchi aggiunti, ovvero dagli elenchi
speciali.
CAPO V: Disposizioni
transitorie e finali
Art. 27. I cittadini italiani di razza ebraica possono continuare
l'esercizio della professione senza limitazioni fino alla cancellazione
dall'albo. Avvenuta la cancellazione e fino a quando non abbiano ottenuto
la iscrizione nell'elenco speciale, non potranno esercitare alcuna attività
professionale. Con la cancellazione deve essere esaurita, o, comunque,
cessare, qualsiasi prestazione professionale da parte dei cittadini
italiani di razza ebraica non discriminati a favore di cittadini non
appartenenti alla razza ebraica. E' tuttavia in facoltà del cliente non
appartenente alla razza ebraica di revocare al professionista di razza
ebraica non discriminato l'incarico conferitogli, anche prima della
cancellazione dall'albo.
Art. 28. I cittadini italiani di razza ebraica, ammessi in via transitoria
a proseguire gli studi universitari o superiori in virtù dell'art. 10 del
R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, nonchè tutti coloro che,
conseguito il titolo accademico, non abbiano ancora ottenuta la relativa
abilitazione professionale, a norma delle leggi e regolamenti vigenti, ove
sussistano i requisiti e le condizioni previste dalle predette leggi e
regolamenti per l'iscrizione negli albi, nonchè dalla presente legge,
potranno ottenere la iscrizione negli elenchi aggiunti o negli elenchi
speciali.
Art. 29. I notari di razza ebraica, dispensati dall'esercizio a norma
della presente legge, sono ammessi a far valere il diritto al trattamento
di quiescenza loro spettante a termini di legge da parte della Cassa
nazionale del notariato. In deroga alle vigenti disposizioni, a coloro che
non hanno maturato il periodo di tempo prescritto é concesso il
trattamento minimo di pensione se hanno compiuto almeno dieci anni di
esercizio; negli altri casi, é concessa una indennità di lire mille per
ciascuno anno di servizio.
Art. 30. Ai giornalisti di razza ebraica non discriminati, che cessano
dall'impiego per effetto della presente legge, verrà corrisposto dal
datore di lavoro l'indennità di licenziamento prevista dal contratto
collettivo di lavoro giornalistico per il caso di risoluzione del rapporto
d'impiego per motivi estranei alla volontà del giornalista. L'Istituto
nazionale di previdenza dei giornalisti italiani "Arnaldo Mussolini"
provvederà alla cancellazione dei predetti giornalisti dagli elenchi dei
propri iscritti, alla liquidazione del fondo di previdenza costituito a
suo nome e al trasferimento al nome dei medesimi della proprietà della
polizza di assicurazione sulla vita, contratta dall'Istituto presso
l'Istituto Nazionale delle assicurazioni.
Art. 31. Con disposizioni successive saranno regolati i rapporti tra i
professionisti di razza ebraica e gli enti di previdenza previsti dalla
legislazione vigente, escluse le categorie contemplate negli articoli 29 e
30 della presente legge. Verranno inoltre emanate le norme speciali
riflettenti la cessazione del rapporto d'impiego privato tra i
professionisti di razza ebraica e i loro dipendenti.
Art. 32. Il Ministro per la Grazia e Giustizia, di concerto con i Ministri
interessati, ? autorizzato ad emanare le norme per la determinazione dei
contributi da porsi a carico degli iscritti negli elenchi speciali, per il
funzionamento delle commissioni di cui agli articoli 12 e 15.
Art. 33. Agli effetti della presente legge, l'appartenenza alla razza
ebraica ? determinata a norma dell'art. 8 del R. decreto - legge 17
novembre 1938 - XVII, 1728, ed ogni questione relativa ? decisa dal
Ministro per l'interno a norma dell'art. 26 dello stesso Regio decreto -
legge.
Art. 34. Per tutto quanto non é contemplato dalla presente legge, si
applicano le leggi ed i regolamenti di carattere generale che disciplinano
le singole professioni.
Art. 35. Con decreto Reale saranno emanate, ai sensi dell'art. 3, n. 1,
della legge 31 gennaio 1926 - IV, n. 100, le norme complementari e di
coordinamento che potranno occorrere per l'attuazione della presente
legge. |
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